#2 – Da Ioannina alle Meteore
Giorno 2: Michalitsi – Rifugio Melissourgoi
(km 24, dislivello +1.110/-770)
Il secondo giorno di trekking inizia con una buona colazione a base di cappuccino liofilizzato e mix di frutta secca sotto il pergolato della chiesa, ammirando le vette dello Tzoumerka. Risistemata la tenda e tutto il resto nello zaino, si riparte di buon passo, fermandosi però a salutare la ragazza del kafenion di Michalitsi che mi chiede dove ho passato la notte e rimane stupita nello scoprire che ho campeggiato nel cortile della chiesa. Mi offre dei biscottini, bevo un caffè e ordino una omelette; durante l’anno vive a Ioannina mentre d’estate si trasferisce nel paese dei genitori per gestire il bar. Non crede alle sue orecchie quando le dico che la mia destinazione finale sono le Meteore. Riparto ringraziandola per l’accoglienza!
La tappa di oggi prevede di arrivare al Rifugio di montagna di Melissourgoi (Καταφύγιο Μελισσουργών) di cui avevo trovato informazioni su internet prima di partire e mi sembrava ben gestito da un gruppo di ragazzi intraprendenti. Percorro la strada asfaltata che scende verso il fiume Kalarritikos, un affluente dell’Arachtos, e lo attraversa all’altezza del ponte Gogkou, un antico ponte in ferro raggiungibile con una brevissima deviazione dalla strada principale. La giornata di sole è perfetta e moderatamente calda, siamo nel cuore del Parco Nazionale e le viste delle montagne circostanti sono stupende con gradazioni di verde che vanno dallo smeraldo al verde intenso. È un paradiso per gli occhi!
Passato il ponte, la strada inizia a risalire con pendenze non elevate ma costanti e senza molte ombre in cui rifugiarsi. Mi godo la salita pensando a quello che avevo letto di queste valli e delle sue montagne prima di partire: quando nel 1940 a seguito del famoso Όχι (no) del generale Metaxas alla richiesta di arrendersi, Mussolini decise di invadere la Grecia entrando dall’Albania già occupata proprio in Epiro, le truppe greche furono aiutate dalla popolazione locale di queste montagne che si opponeva all’invasione italiana. Gli uomini combattevano e le donne partigiane portavano le munizioni nei cesti dei viveri che trasportavano sui ripidi sentieri. Proprio come fecero i nostri partigiani e partigiane. In un primo momento i greci ebbero la meglio e respinsero l’invasione italiana ma successivamente l’intervento della Germania portò all’occupazione di tutta la Grecia e l’Italia rientrò “dalla finestra” andando a occupare l’Ovest della Grecia. Se volete tuffarvi nella memoria di quel periodo, vi consiglio il libro di Pavlos Matesis “Madre di Cane”, edito da Crocetti, che racconta proprio degli anni dell’occupazione e della resistenza. A me ha trasportato fino a queste valli.
A circa sei chilometri dal ponte e undici dall’inizio della tappa, faccio la prima pausa ristoratrice nel delizioso villaggio di Ktistades, che si sviluppa su un crinale abbastanza scosceso. La piazza con la chiesa e il bar si trovano nella parte bassa del paese e potrete come sempre ordinare un toast e una limonata per pochi euro, rinfrescandovi sotto gli alberi. Da Ktistades in circa mezzora di cammino, continuando sulla strada principale, arriverete alle grotte di Anemotrypa (che in greco significa foro del vento). Vi consiglio di visitarle perché sono molto interessanti, anche se piccole. Scoperte negli anni Sessanta da due geologi, si considera abbiano circa dodici milioni di anni e all’interno, oltre a stalattiti e stalagmiti bellissime che impiegano cento anni per crescere di un solo centimetro, troverete anche un fiume sotterraneo che forma laghetti di colori incredibili. In più vi ristorerete col fresco della grotta. Io ho approfittato per mangiare al ristorantino con veranda dove si acquistano i biglietti ed evitare così come sempre le ore calde della giornata per camminare.
Nel pomeriggio, riprendo la strada asfaltata ma per un brevissimo tratto: dopo circa quattrocento metri dal parcheggio delle grotte, si stacca sulla destra un’ampia strada sterrata che sale tra i boschi, molto piacevole da percorrere. Prendendo questa deviazione si arriva dopo poco più di cinque chilometri al Rifugio di Montagna di Pramanta (Ορειβατικό Καταφύγιο Πραμάντων), una struttura molto elegante posta proprio ai piedi del monte Stroggoula. La strada di montagna per arrivare al rifugio è semplice e potrete godervi il fresco ombroso delle conifere. Attenzione solamente ai greggi di pecore: a me è capitato nella salita di incrociarne uno che stava pascolando nei campi a fianco del sentiero e i cani pastori non sono esattamente quello che si suol dire amichevoli! Ho dovuto fermarmi e indietreggiare perché hanno iniziato ad avanzare verso di me, abbaiando arrabbiati. Fortunatamente c’era una sorta di fossato che divideva la strada dal campo per cui sono rimasti sul limitare senza attraversarlo. Ho dovuto attendere che le pecore scappassero in un’altra direzione prima di poter proseguire. Un consiglio perché questa situazione è tipica e sarà facilissimo che vi ci ritroviate: non scappate, non fate movimenti bruschi, non fate rumori molesti quando vi ritrovate dei cani da pastore vicini. Il loro unico scopo è proteggere il gregge: indietreggiate in maniera lenta e garbata senza mai dar loro le spalle. Prima o poi le pecore si muoveranno infastidite e spaventate e i pastori le seguiranno in men che non si dica!
Arrivato sano e salvo al primo rifugio, trovo una simpatica coppia anglo-americana con cui mi fermo a chiacchierare per più di un’ora seduto al loro tavolino e sorseggiando una meritata birra ghiacciata! Entrambi sono viaggiatori e gli racconto delle mie mirabolanti avventure in Africa e in Asia Centrale. Lui negli anni Settanta, era stato in Afghanistan, raggiungendo il paese via terra dall’Inghilterra. Gli confido il mio sogno di attraversare l’Europa Orientale in bici e arrivare a Teheran…
Manca poco alla fine della tappa ma c’è ancora un ultimo sforzo da fare. Per arrivare al secondo rifugio, la strada sale fino alla cascata più alta di tutta la Grecia: quella di Kefalovrysso. Dopo quarantacinque minuti di cammino dal rifugio di Pramanta, mi si staglia davanti a dire il vero con pochissima acqua vista la stagione estiva ma con un salto vertiginoso dalla parete di roccia. Il vero spettacolo è però voltarsi con le spalle alla cascata e dall’alto dei 1.350 m di altitudine, osservare tutta la catena montuosa che separa l’Epiro dalla Tessaglia, potente e monolitica, di un colore ocra intenso. Una vera magia!
Dalla cascata di Kefalovrysso in poco più di mezzora si scende al rifugio di Melissourgoi a circa 1.000 metri di altitudine. Il rifugio ha delle camerate ma, in epoca di Covid, vengono affittate solo a comitive uniche. In estate in realtà non è necessario dormire in stanza: il rifugio, infatti, per soli 2€ permette di campeggiare nei boschi circostanti e usufruire di tutti i servizi quali doccia, prese elettriche per ricaricare il cellulare ecc. In più non perdetevi la cucina del suo ristorante perché è curatissima e spettacolare. È un rifugio accogliente ma spartano, proprio come quelli di montagna, per cui attira tantissimi ragazzi che lo raggiungono facilmente dal paese di Melissourgoi e passano la serata bevendo e cantando sotto il chiarore delle stelle!
Per me dopo una giornata di lungo cammino, questa volta non devastante ma piacevole, è ora di riposarmi e godermi qualche canzone della mia playlist, nel buio della mia tenda!
Giorno 3: Rifugio Melissourgoi – Kalarites
(km 24, dislivello +770/-960)
Il risveglio al rifugio è lento, sono il primo ad arrivare sotto il pergolato con la speranza di potermi gustare un buon caffè caldo e fare una lauta colazione. Speranza che viene disattesa alla vista della serranda ancora abbassata! Tiro fuori il mio fidato fornelletto e mi preparo la solita brodaglia di frutta secca e cappuccino liofilizzato. Energetica ma certo non la cosa migliore che si possa sognare di mangiare!
Inizia a intravedersi qualcuno e scambio due parole con un ragazzo che mi racconta che la sera prima c’era stata una grossa festa a Pramanta e lui stava arrivando direttamente da lì! Carico camel-bag e borraccia di acqua fresca di montagna e sono pronto a partire. Anche oggi sarà una tappa lunga e bisogna partire presto – sport che non è tra i miei preferiti. Decido di fare una tappa al paesino di Melissourgoi prima di intraprendere la strada, sembra una breve deviazione ma in realtà perdo almeno un’oretta tra il tempo di scendere fino alla piazza e poi quello necessario a ritornare sulla strada principale. Niente di imperdibile se non per la bella chiesa con un porticato esterno di pietra scura: per il resto è un tipico villaggetto di montagna ma…come dire…da queste parti non mancano! Se tirate dritto dal rifugio, prendete direttamente la strada in direzione Pramanta. A circa tre chilometri da Melissourgoi, camminando in quota, prendete la deviazione a destra per il paesino di Tsopela, su una strada in discesa con tante casette indipendenti baciate dal sole ognuna con il suo pergolato di vite.
Tsopela è l’ultimo paese prima di un lungo tratto disabitato per cui rifocillatevi al bar del paese! Da qui la strada scende in un canyon pietroso formato dal torrente Melissourgitikos che scende dal monte Stroggoula. Google Maps segna che la strada si interrompe in corrispondenza del fiume ed in effetti è così, ma essendo stagione secca lo si può guadare a piedi senza problemi e senza nemmeno bagnarsi le scarpe, saltellando sulle pietre che affiorano dall’acqua. In stagione primaverile e autunnale, presumo che comunque si possa guadare a meno di importanti fenomeni atmosferici, magari togliendosi le scarpe e immergendosi nell’acqua certamente fredda.
Attraversato il torrente, inizia una strada bianca che prima risale circa centocinquanta metri di dislivello ma poi si porta in quota e giunge in circa sei chilometri al paese di Christì. Decido di non entrare in paese ma di proseguire sulla strada che interseca l’arteria principale e raggiungere Pyli Paradisos, una piccola spiaggetta sul fiume Kalarritikos dove c’è un antico ponte e si può tranquillamente campeggiare e fermarsi a pranzare al fresco dell’acqua e delle piante. Qualche temerario fa anche il bagno ma, vi avviso, l’acqua è gelata!! Io non mi azzardo ma trascorro qualche ora di relax cucinandomi un’insalata di lenticchie, tonno e uova sode delle mie galline pavesi. È un paradiso, come dice il nome della località!
Da Pyli Paradisos si riprende la strada principale che sale sotto il sole inclemente fino al paese di Mystras dove riesco a trovare acqua fresca. La giornata di oggi è molto calda e il lungo tratto su strada bianca si è fatto sentire con la forza del sole di agosto che spacca le pietre! La tappa si avvia verso la conclusione ma riserva ancora qualche sorpresa. Da Mystras si raggiunge uno degli highlight dell’intero Parco dello Tzoumerka, ovvero il Monastero di Iera Moni Kipinas, fondato nel 1212 e letteralmente scavato sul fianco della montagna a un centinaio di metri di altezza dalla strada che gli corre sotto. La posizione è veramente incredibile, sembra abbarbicato come una capra al crinale. Poche centinaia di metri dopo aver scorto il monastero, troverete una stradina percorribile a piedi che vi condurrà fino al cuore di questo gioiello medievale dove i fedeli cristiani si rifugiarono durante le invasioni ottomane. È uno scrigno di tesori, dove icone e sale sacre si susseguono una dopo l’altra dando il fianco alla roccia viva. Vale la pena visitarlo, d’estate è facile trovarlo aperto. Nelle altre stagioni immagino non ci sia nessuno…
Lasciato il monastero, il paesino di Kalarites è ormai a un tiro di schioppo. Ma non fatevi illudere dai soli sei chilometri che li separano: i primi due chilometri fino alla località di Kouiassa sono in dolce salita ma quando arriverete lì noterete che Kalarites si trova in cima alla montagna, quattrocento metri più in alto del punto da cui lo vedrete per la prima volta!!
Scelgo di fermarmi a Kouiassa perché ho letto essere molto bello: un sentiero si stacca a sinistra della strada principale e costeggiando il fiume Kalarritikos, che in questo punto ha le sembianze di un torrente di montagna, porta alla scoperta di cascatelle e pozze d’acqua di un blu profondissimo. È una località popolare per i locali infatti tante persone vengono qui a fare il bagno (coraggiosissimi – l’acqua non supera i 15-16°C credo…) o semplicemente a fare un barbecue e prendere il fresco. Arrivo fino ai laghetti in cima al sentiero, mi rilasso e nel frattempo decido che sono troppo stanco per salire a piedi fino a Kalarites per cui, tornato sulla strada, faccio autostop e un simpatico gruppo di ragazzi greci mi porta in dieci minuti in paese. Per chi volesse salire a piedi ci sono due opzioni: la strada carrabile, lunga quattro chilometri con tanti tornanti, oppure un sentiero che inizia con una scalinata ripidissima che sale direttamente dalla località Kouiassa. Considerando il dislivello e la brevità del sentiero, non credo sia difficile che in alcuni punti la scala diventi a pioli o quasi!! A parte gli scherzi, fare quel sentiero a fine tappa è da folli. Prendete un passaggio e godetevi l’arrivo in quello che è il villaggio più autentico e affascinante dell’intero Tzoumerka!!
Una delle ragazze che fa parte della combriccola di greci che mi ha dato il passaggio è italo-greca, parla un discreto italiano, il padre è calabrese. Sono di Salonicco e sono venuti qualche giorno in montagna, anche loro la sera prima erano alla festa di Pramanta. Popolare, direi. Mi sa che mi sono perso qualcosa…
Arriviamo a Kalarites quando il sole sta tramontando, i ragazzi hanno prenotato al ristorante di Napoleon (Η Άκανθος – Ναπολέων Ζαγκλής): è una taverna originale e antica ed è ritenuto uno dei più buoni ristoranti di tutta l’area. A ragione direi!! Avevo contattato Napoleon tramite i social già qualche settimana prima perché Kalarites aveva tutta l’aria di essere un posto imperdibile, così avevo deciso che avrei fatto un giorno intero di sosta qui. E Kalarites fa rima con Napoleon, l’uomo simbolo dell’intero paese che oltre alla taverna gestisce una guesthouse meravigliosa. In realtà sono due le guest-house: quella nuova recentemente ristrutturata con camere private, tutta in pietra come l’intero paese e quella vecchia che è situata in un’ala della sua casa, proprio sopra la taverna, in cui ha camere condivise per soli 15€ a notte a persona. Inutile dire che avevo già chiesto a Napoleon di riservarmi un letto in una di queste stanze ma, con grande stupore, sono l’unico ospite per cui per la stessa cifra ho una stanza matrimoniale solo per me, comodissima, tutta rivestita di legno e veramente accogliente con un delizioso balconcino che si affaccia sulla taverna e sui tetti in pietra del villaggio. Mi godo gli ultimi raggi di sole che rendono rosa i muri del paese e poi scendo alla taverna a gustarmi una delle migliori cene del viaggio a base di agnello e innaffiata da ottimo vino del posto. Sono in paradiso!!