Come ho raccontato nell’articolo Due settimane in Bosnia – Itinerario con Mezzi Pubblici, sono stato due volte a Sarajevo: la prima nel 2014 in un breve viaggio che aveva toccato solo Mostar e la capitale bosniaca mentre la seconda volta tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022. Ho passato il Capodanno proprio a Sarajevo all’interno di un viaggio di quindici giorni attraverso la Bosnia Erzegovina.
Sarajevo è una città complessa, che va vissuta e digerita. Che ti prende e capovolge ogni punto di vista, che ti culla e ti prende per mano ma poi ti schiaffeggia con la sua storia dolorosa e ti consola con la sua bellezza struggente. Non c’è un “numero di giorni minimo” da passare in città, ma non c’è nemmeno un “numero di giorni massimo” perché è talmente ricca e mutevole, ma anche eterna e uguale solo a se stessa, che non si va mai veramente via. Rimane lì. Fino alla volta successiva in cui si avrà la fortuna di tornare.
Oggi vi porto con me nelle due passeggiate fuori dai classici circuiti turistici che spesso si limitano alla Baščaršija e ai siti posti lungo il corso della Miljacka, per cercare di comprendere un po’ la Storia della “Gerusalemme d’Europa”, un crogiolo di culture unico nel panorama del nostro continente.
Era l’inizio dell’anno ma le giornate erano stranamente miti e soleggiate per il periodo, per cui ho veramente goduto appieno del tempo a disposizione. Solo pochi giorni dopo la mia partenza bufere di neve si abbattevano sulla città con temperature di molto sotto lo zero termico.
Il primo giorno ho deciso di esplorare i quartieri delle colline a ridosso della Baščaršija, il primo sulla sponda meridionale della Miljacka, il fiume che scorre da est a ovest attraverso la città, mentre gli altri sulla sponda settentrionale. Il punto di partenza è uno dei luoghi simbolo di Sarajevo, ovvero la Viječnica, ex biblioteca nazionale data alle fiamme durante la Guerra e ora tornata in tutto il suo splendore come sede del Municipio. È l’edificio più importante costruito durante il periodo austro-ungarico e si differenzia per il suo eclettico stile neo-moresco ispirato all’architettura arabo-andalusa. Potrete visitare gli splendidi interni prima di partire per la passeggiata, ripercorrere la sua storia gloriosa e triste sarà un modo per iniziare a immergervi nella vita della città. Attraversate poi il ponte in pietra Šeherćehaja e vi ritroverete la famosa Inat Kuća, uno degli esempi più pregevoli di architettura civile ottomana, da cui parte la ripida salita per Alifakovac, il primo quartiere che visiteremo. Prima di affrontare la salita, vi consiglio di fermarvi ad acquistare il pane caldo tipico di Sarajevo (il somun) per pochi spiccioli alla Pekara Alifakovac, proprio sulla destra all’inizio della salita. Il profumo vi guiderà fino alla finestrella del forno dove la mattina viene sfornato continuamente pane fresco. Bussate, allungate 1KM e vi ritroverete in mano una pagnotta fumante.
Arrampicatevi fino in cima alla collina, esplorando le sue viette dove la vita di quartiere scorre lenta e arriverete al cimitero di Alifakovac, appoggiato al fianco della collina, come tutti i cimiteri a Sarajevo. C’è un racconto bellissimo di Miljenko Jergović nel suo “Le Marlboro di Sarajevo” (ed. BEE) che si intitola proprio “La tomba” e racconta del motivo per il quale i cimiteri stanno sempre in posizione dominante e panoramica qui in città. Arrivate fino alla sommità della collina, la vista si aprirà sul vostro primo panorama sarajevese, con i minareti e quel sottile fumo di legna che esce dai comignoli e spande odore acre nelle giornate invernali.
Scendete poi prendendo la via Podcarina che vi porterà a riattraversale la Miljacka proprio all’altezza della sua ansa, su un ponte pedonale di legno. Da qui potrete dedicarvi alla sponda settentrionale del fiume e ai suoi quartieri storici di Kovaći e Vratnik, probabilmente i miei luoghi del cuore della città. Iniziate a inerpicarvi per le ripide salite alle spalle del fiume e raggiungete il Bastione Giallo, passerete di fianco al cimitero più famoso della città, quello di Kovaći, dove riposano tantissimi martiri della Guerra degli anni Novanta. Le migliaia di steli bianche, tutte uguali, con date di morte tra il 1992 e il 1995, sono un colpo al cuore ben assestato. Non potrete fare a meno di osservarle in silenzio. Qui a Kovaći è sepolto anche il primo presidente della Bosnia, Alija Izetbegović, nella sua tomba semplice sotto una cupola di metallo intarsiato circondata dai suoi concittadini. Dal Bastione Giallo (Žuta tabija) avrete una bellissima visuale sulla città e potrete fermarvi a bere un caffè bosniaco al caffè Kamarija, proprio sotto la ex caserma asburgica, una grande struttura militare dall’architettura gloriosa, che versa purtroppo in stato di abbandono con ancora ben evidenti i segni della guerra recente.
Inoltratevi nel quartiere di Vratnik, attraverso le sue piccole moschee, fino al Bastione Bianco (Bijela tabija), imponente struttura militare di difesa della città e ridiscendendo entrate nel cuore di Vratnik, passando attraverso la Porta di Višegrad (Višegradska kapija). Scendendo lungo la strada Carina, sarà bellissimo osservare la vita del quartiere, la gente che fa la fila davanti ai fornai e che compra verdure dal fruttivendolo all’angolo. Potrete gustarvi un burek annaffiato di yoghurt in una pekara del quartiere, vi consiglio di lasciarvi condurre dall’istinto e perdervi tra le viuzze punteggiate dalle moschee di legno colorato. Potrete poi passare dal Bastione Rosso e ridiscendere verso il centro, passando per Kovaći, e visitare l’interessante museo dedicato al presidente Alija Izetbegović, custodito dentro una delle antiche porte di accesso alla città.
Prima di tornare alla Baščaršija per passeggiare e gustare uno dei meravigliosi dolci delle pasticcerie che si affacciano su Slatko ćoše (l’angolo delle pasticcerie migliori della città, vi suggerisco Ramis), esplorate il quartiere che si trova a metà strada tra Vratnik e Bjelave. Si sviluppa lungo la ripida via Sagrdžije, percorretela tutta per scoprire i suoi tesori: la casa storica ottomana di Alije Đerzeleza ma soprattutto il complesso della tekke di Hajji Sinan, con la scuola coranica, la moschea e il cimitero, veramente impressionanti. In cima a Sagrdžije troverete la bella moschea Vrbanjuša, svoltate su Logavina e ridiscendete verso il centro passando a vedere Casa Svrzo e, se ve la sentite, il Museo dedicato alla Guerra vista dagli occhi dei bambini (“War Childhood Museum”), che ha vinto un premio come migliore museo del 2018 da parte del Council of Europe.
Il secondo giorno l’ho dedicato invece a un itinerario che mi sono cucito “su misura” andando a esplorare alcuni luoghi che sono stati scenario di alcuni eventi tragici dell’assedio della città durante la Guerra. Sarajevo, com’è noto, fu assediata e tenuta sotto scacco dall’esercito serbo-bosniaco per tre lunghi anni, in cui i cecchini sparavano a vista e la vita in città si giocava sul filo della sopravvivenza, nascosti nei bunker con cibo e acqua razionati quando andava bene (vi consiglio il libro e film tratto dal libro “Venuto al Mondo” di Margaret Mazzantini/Sergio Castellitto). Percorrendo il corso della Miljacka, allontanandovi dal centro, raggiungete il ponte ormai da tutti conosciuto come “Ponte Suada e Olga”, intitolato alle due donne considerate le prima due vittime dell’assedio, freddate mentre attraversavano il ponte il 5 Aprile 1992. Una targa le ricorda con queste parole:” Una goccia del mio sangue scorre e la Bosnia non diventerà arida”. Sotto la loro targa, ne troverete una più piccola dedicata al pacifista italiano Gabriele Moreno Locatelli, ucciso anch’egli in questo luogo durante una manifestazione pacifista autorizzata, il 3 Ottobre 1993. Attraversato il ponte e salendo sulla collina, passerete proprio per la strada intitolata a Moreno che si stacca alla sinistra del benzinaio. Qui una lapide in doppia lingua italiana/bosniaca ricorda il giovane volontario che durante l’assedio portò parole e presenza alla popolazione locale e che, purtroppo, trovò la morte.
Proprio sopra la strada a lui dedicata, sulla collina di Grbavica, sorge un altro luogo sorprendente di questa città le cui vene della storia hanno sempre irrorato sangue con grande vigore: il cimitero ebraico, luogo simbolo della straordinaria storia di pace e fratellanza della città di Sarajevo. Gli ebrei safarditi arrivarono a Sarajevo nel ‘600 e furono accolti nell’allora città ottomana in maniera talmente generosa che le autorità e gli abitanti del luogo donarono loro una delle colline più belle per realizzare il loro cimitero in cui riposano migliaia di persone. È il cimitero ebraico più grande dell’Europa sud-orientale, secondo solo a quello di Praga. Ci sono quasi 4.000 tombe, le più antiche risalenti al Seicento sono piccole lapidi dalla forma tondeggiante completamente ricoperte di muschi, le ultime e più numerose risalgono purtroppo agli anni della Seconda Guerra Mondiale quando gli ustascia croati massacrarono tutta la comunità ebraica, ponendo fine alla sua storia secolare. È un luogo carico di energia, quella mattina c’era una spessa nebbia in città che avvolgeva tutta la collina, un silenzio assoluto circondava Grbavica e le tombe del cimitero.
Dal cimitero ebraico, l’itinerario prosegue risalendo il fianco del monte Trebević fino al forte di Zlatište. Anche questo luogo ha avuto un ruolo molto triste negli anni della Guerra. Qui, infatti, passava la linea del “fronte”, oltre questo luogo iniziava la zona occupata dai serbi e lungo questa linea si trovavano le postazioni da dove i cecchini sparavano sulla città, tenendola sotto scacco. A Zlatište difficilmente troverete turisti, non è un luogo “sponsorizzato” in quanto è una ferita aperta e sanguinante per i cittadini di Sarajevo. È un posto da visitare con consapevolezza, portando rispetto per le migliaia di persone che solo trent’anni fa trovarono la morte. Il forte fu occupato dai serbi e potrete osservare come venne modificato e adattato per servire da postazione per gli assedianti. La posizione sulla città è dominante e capirete perché fu scelto per questo scopo. Sul muro del forte, campeggia una scritta “Listen to Silence” e in quel silenzio vi ritroverete a pensare al significato di questo luogo, a quanto questa città sia al tempo stesso simbolo del male assoluto che l’uomo è in grado di compiere ma anche della sua resistenza, della capacità di rinascere dalle ceneri, sempre, anche quando non sembra rimasto alcun briciolo di speranza. Dietro al forte, troverete l’hotel ormai in rovina dove i serbi riposavano tra un appostamento e l’altro, calpesterete i vetri e le macerie di questo luogo terribile. Alcuni graffiti di epoca recente ricordano “Never forget Srebrenica ‘95”.
Vi consiglio di ridiscendere da Zlatište percorrendo la strada principale che passa a fianco del Sarajevo Camp Zlatište: dopo circa seicento metri noterete un altro edificio diroccato, anch’esso usato come postazione dai serbi e una piccola stradina (Šumarska) che scende sulla sinistra. Imboccatela e in meno di cinque minuti vi ritroverete nel quartiere di Širokača, tristemente famoso in quanto essendo ai piedi delle postazioni dei cecchini serbi, fu ripetutamente colpito e vivere da queste parti in quei tre anni era praticamente impossibile. Molte case portano ancora i segni dei colpi di arma da fuoco che trivellavano le facciate. C’è anche un piccolo memoriale dei giovani caduti nel quartiere.
Ridiscendendo da Širokača verso il fiume e il centro città, arriverete nel quartiere di Bistrik, famoso per due motivi: in primis è la sede della storica birreria Sarajevska (Sarajevska Pivara) che dal 1864 produce la birra pils più celebre del paese. C’è anche un museo visitabile al suo interno. In secondo luogo, da Bistrik potrete salire sul Monte Trebević grazie alla cabinovia (Sarajevska žičara) che è stata rimessa in funzione da qualche anno dopo che era stata distrutta durante la Guerra.
Prima di dirigervi alla cabinovia, vi consiglio però di non perdervi la Moschea dell’Imperatore (Careva džamija) in stile ottomano classico, costruita alla fine del ‘400 e la Sinagoga Aschenazita, entrambe lungo il fiume a poca distanza una dall’altra.
Il Trebević è “la montagna dei sarajevesi” dove i cittadini da sempre vanno a passare le domeniche di sole, in ogni stagione dell’anno. Salirci e passare qualche ora in mezzo alla natura è una boccata d’aria fresca. Grazie alla cabinovia lo sguardo sulla città si apre poco alla volta fino ad abbracciare tutta la stretta e lunga valle e il viaggio vi aiuterà a capire meglio la geografia di Sarajevo. Vi suggerisco di acquistare un biglietto di sola andata e di scendere a piedi, perché così potrete visitare un altro luogo iconico della città. Su questa montagna, infatti, si svolsero le gare più importanti delle famose Olimpiadi Invernali del 1984, tenutesi nell’allora capitale della repubblica jugoslava di Bosnia e Erzegovina. Fu un’edizione molto ben riuscita, seppur le risorse messe in campo non fossero esorbitanti, tutti convennero sull’ottima organizzazione e Sarajevo per qualche settimana assurse agli onori della cronaca. Sul monte Trebević si svolgevano le gare di sci e quelle di bob/slittino. Scendendo a piedi, potrete ancora visitare gli impianti destinati alle discese. In particolare sono ancora visibili e percorribili i tunnel in cemento dentro i quali si lanciavano a tutta velocità gli atleti del bob. Versano ormai in stato di abbandono, completamente ricoperti di graffiti ed è forse questo che gli fa acquisire un certo fascino decadente.
La passeggiata attraverso le piste di bob vi porterà a scendere di quota velocemente e tornare verso la città: prima di lasciare la natura del Trebević non perdetevi la vista che si gode dal piccolo colle a fianco della torre di Bistrik (Bistrik kula), da lì in venti minuti circa ritornerete in città dalla parte di Alifakovac da dove era iniziato l’itinerario del giorno precedente.
Come potete intuire, i luoghi di Sarajevo sono tanti, in queste due passeggiate ne abbiamo assaporato solo una piccola parte per cui abbiate cura di questa città, soprattutto non abbiate fretta e dedicatele quanto più tempo riuscite. Il mio consiglio è di lasciarvi sempre qualcosa “in sospeso”…perché Sarajevo è uno di quei luoghi la cui energia non si esaurisce e ogni tanto bisogna tornare a fare scorte!