Oggi andiamo in Macedonia del Nord con due dei miei film preferiti degli ultimi anni. La cinematografia dell’Europa Orientale nell’ultimo periodo è cresciuta molto a livello qualitativo e grazie a cinema indipendenti come il Cinema Beltrade a Milano e film festival di settore, come il Trieste Film Festival, specializzato proprio in film di questa regione, ho potuto scoprire pellicole molto interessanti.
Facciamo le valigie per Skopje allora e buttiamoci nelle storie di due donne speciali: Hatidze, protagonista di “Honeyland” e Petrunya, di “Dio è donna e si chiama Petrunya”.
Ho scelto di parlarvi di questi due film nello stesso articolo perché, sebbene di generi diversi (il primo un documentario, il secondo un lungometraggio di finzione), hanno alcune caratteristiche comuni. In primo luogo, sono diretti da registe donne: la regista di Honeyland, Tamara Kotevska, è una giovane documentarista nord-macedone e questo film è la sua opera prima. “Dio è donna e si chiama Petrunya” è diretto da Teona Strugar Mitevska, regista nata a Skopje. Entrambe le pellicole ruotano attorno a due figure femminili dalla forte personalità, ognuna a suo modo eroina del proprio tempo in lotta contro un sistema che la vorrebbe relegata ai margini della società. Conosciamole!
“Honeyland” (2019) di Tamara Kotevska e Ljubomir Stefanov
La protagonista di questo documentario si chiama Hatidže Muratova, apicoltrice che vive nel remoto villaggio di Bekirlija, nella valle del fiume Bregalnica a sud-est della capitale Skopje.
I due registi si trovano in questa regione per esplorare e documentare la biodiversità di questi luoghi e farne un documentario. Quando conoscono Hatidze, tuttavia, decidono di cambiare il tema del film e di dedicare l’intero lavoro a questa donna, seguendola per tre anni durante i quali tornano ciclicamente a Bekirlija per filmare la sua vita.
Alla fine dei tre anni, raccolgono più di 400 ore di girato, da cui nasce il documentario pluripremiato dalla critica.
Hatidze è un’apicoltrice di antiche origini turche. In Macedonia del Nord come in altre zone dei Balcani soprattutto meridionale (Bulgaria, Kosovo, Grecia del Nord), vivono molte comunità turcofone, antica eredità del dominio pluricentenario Ottomano nell’area. In alcuni casi, come quello della protagonista, queste persone vivono in zone talmente isolate che hanno mantenuto una fortissima identità anche linguistica e a volte non conoscono la lingua del paese in cui vivono. Hatidze abita in questo villaggio praticamente disabitato, senza accesso a elettricità e acqua corrente insieme all’anziana madre Nazife, parzialmente cieca e completamente dipendente dalla figlia.
Comunica quindi nella sola lingua madre e i contatti con il mondo esterno sono limitati alle visite che effettua periodicamente al mercato di Skopje dove si reca per vendere il miele. Vive quindi di sussistenza attraverso i suoi preziosissimi insetti che cura e custodisce, applicando i principi dell’apicultura tradizionale, estremamente rispettosi del benessere degli animali. Ci sono precise regole per far sì che le api possano produrre il loro nettare in quantità tale sia da sfamare loro stesse – il miele è infatti il cibo delle api per i lunghi e rigidi inverni – sia da estrarre per poter essere poi consumato dall’uomo. Hatidze conosce tutti i segreti della Natura e vive in totale armonia con essa. Il film è ricchissimo di immagini simboliche che trasmettono tutta la bellezza che questa armonia tra la protagonista e la Natura sa creare.
Tutto cambia però quando nel villaggio arriva una famiglia di allevatori nomadi, composta da padre, madre e sette figli. All’inizio Hatidze sembra contenta della compagnia ed entra con loro in confidenza, passando molto tempo con i bambini. Tuttavia ad un certo punto le cose cambiano. Il capofamiglia intuisce il potenziale guadagno dato dall’attività di Hatidze e inizia a carpirne i segreti. La protagonista istruisce l’uomo e gli regala anche una colonia di api, con la quale anche lui inizia l’attività di apicultura. In un primo momento le cose sembrano andare bene, fino a quando l’uomo non decide di ignorare i preziosi insegnamenti di Hatidze e prelevare quantità di miele sempre crescenti che non permettono alle api di sopravvivere. Questo causa un attacco delle api affamate dell’uomo alle api di Hatidze e una moria di quasi tutte le colonie del piccolo borgo di Bekirlija, unico strumento di sopravvivenza della donna. Costretta dagli eventi, la famiglia nomade abbandona il villaggio e Hatidze può tornare con grande sollievo a praticare la sua attività di apicoltura tradizionale, ripartendo dalle poche api che si sono salvate dal disastro.
Honeyland è stato pluripremiato al Sundance Film Festival, dove ha vinto tre premi (Grand Jury Prize Documentary, Special Jury Award for Impact for Change e Special Jury Award for Cinematography) e ha ottenuto anche due candidature agli Oscar come Miglior Documentario e Miglior Lungometraggio Internazionale, secondo film nordmacedone nella Storia a entrare nelle nomination del più famoso premio mondiale per il cinema.
Credo sia un film che vada mostrato ai ragazzi, per insegnar loro il rispetto della Natura ma anche del prossimo. Personalmente l’ho trovato commovente, girato in maniera splendida e rispettoso della storia con una fotografia veramente superba.
Qui il trailer in italiano: TRAILER HONEYLAND
“Dio è donna e si chiama Petrunya” (2019) di Teona Strugar Mitevska
Il secondo film di cui vi parlo è stato per me una vera rivelazione. Girato nella cittadina di Stip, trae spunto da un’antica tradizione ortodossa per raccontare da un punto di vista più ampio la società nordmacedone e muovere contro di essa una feroce critica.
Nella cultura tradizionale ortodossa, il giorno dell’Epifania si usa ricordare il battesimo di Gesù nel Giordano tramite una celebrazione religiosa e una manifestazione da cui prende le mosse il film.
Si tratta di una gara nella quale un gruppo di uomini si getta in un fiume alla ricerca di una croce che viene gettata dal sacerdote locale nelle gelide acque. Chi riesce a trovare per primo e pescare la croce, vince non solo la gara ma si crede anche un anno di prosperità e potrà custodire la croce fino all’anno successivo. Questa manifestazione – racconta il film – è interdetta alle donne che possono solo assistervi dalle sponde del fiume.
Petrunya è una giovane donna, laureata, disoccupata e in sovrappeso che vive ancora con i genitori, soffocata da una madre molto apprensiva e da una società maschilista e machista in cui essere donna è certamente un limite alla propria libertà. Il giorno della manifestazione, Petrunya si trova a passare casualmente a fianco al fiume nell’esatto momento in cui il sacerdote sta gettando la croce. Senza pensarci, in modo istintivo, decide di gettarsi insieme agli uomini e in maniera rocambolesca riesce ad acciuffare la croce. Quando sbuca dalle acque brandendo l’oggetto sacro, si scatena un putiferio e i giovani concittadini tentano in tutti i modi di strapparglielo dalle mani. Petrunya scappa e si rifugia a casa con il prezioso trofeo.
Da qui si scatena una sorta di “caccia alle streghe” in cui sia la società civile che quella religiosa tentano in tutti i modi di convincere la ragazza a restituire la croce, anche minacciandone l’incolumità, in quanto la tradizione non prevede che possa rimanere nelle mani di una donna. Petrunya diventa quindi un simbolo di ribellione e rottura di preconcetti e stereotipi di genere e lotta fino all’ultimo istante del film per affermare la propria identità.
È un film di denuncia, certamente politico, a tratti grottesco e divertente ma anche molto amaro. Solo l’intervento di una giornalista riesce a cambiare le sorti della giovane ragazza macedone e far così giustizia a lei e a tutte le donne che quotidianamente subiscono angherie e discriminazione per il loro genere e il loro aspetto.
Ho amato il personaggio di Petrunya dal primo all’ultimo fotogramma, interpretato da un’eccellente Zorica Nusheva che fa del proprio corpo uno strumento di denuncia al maschilismo imperante della società in cui vive.
Il film è stato premiato a Berlino e ha vinto l’importante Premio Lux, premio cinematografico assegnato annualmente a un film di produzione europea dal Parlamento Europeo.
Vi consiglio di recuperarlo, in Italia è distribuito da Teodora Film ed è facilmente acquistabile per visione in streaming sulle principali piattaforme di film on-line.
Qui il trailer in italiano: TRAILER PETRUNYA
Spero che questi consigli vi siano piaciuti, alla prossima con altri film dal Mondo!