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Due settimane in Bosnia – itinerario con mezzi pubblici

Questo itinerario, della durata di circa 15 giorni, è nato dalla voglia di approfondire la conoscenza della Bosnia Erzegovina, un paese che avevo già visitato nel 2014 per pochi giorni e toccando solo le città di Mostar e Sarajevo.

Negli anni, quella fugace visita aveva lasciato dei piccoli semi dentro di me che hanno germinato e mi hanno portato a studiare e leggere innumerevoli libri e articoli su questo paese dalla storia così travagliata. Dedicargli un viaggio era il minimo che potessi fare, visto il solco che inconsapevolmente quella prima visita aveva lasciato. Così ho deciso di partire nel pieno dell’inverno, periodo sicuramente non dei migliori ma che può regalare sorprese, spinto dalla necessità di provare a capire qualcosa di più della storia recente del paese e dell’eredità che questa ha lasciato.

Come vedrete, ci sono due sconfinamenti all’interno del viaggio: il primo in Serbia, nella zona del Parco Nazionale di Tara – dovuto a ragioni logistiche di spostamento e raggiungimento di una località della Bosnia abbastanza remota – il secondo in Croazia, nella parte finale del viaggio, in quanto ho deciso di abbinare la visita della città di Vukovar che riveste un ruolo simbolico importante nella Guerra dell’Ex Jugoslavia e si inseriva quindi nei miei propositi di approfondimento della storia degli anni Novanta di quest’area dell’Europa Orientale.

L’itinerario inizia a Banja Luka e termina a Osijek: nel mio caso i voli dall’Italia erano per e da Zagabria, per cui considerate almeno due giorni di viaggio “extra” se farete la stessa scelta. Da Zagabria a Banja Luka ci sono due/tre collegamenti in bus al giorno mentre da Osijek (capoluogo della Slavonia) ci sono almeno 5/6 bus giornalieri per la capitale croata.

Prima di addentrarci nell’itinerario giorno per giorno, è necessario fare un piccolissimo inquadramento della Bosnia Erzegovina senza addentrarci nei meandri delle questioni storiche perché sarebbe troppo complesso e non esauribile in un articolo, ma come premessa a quello che leggerete. La Bosnia Erzegovina è un paese nato a seguito dello smembramento dei territori della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, iniziato con la dichiarazione di indipendenza della Slovenia nel Giugno 1991. Il processo di costituzione della Bosnia Erzegovina è stato quello più complesso tra tutti i paesi dell’ex Jugoslavia ed è frutto di un accordo internazionale – i.e. i cosiddetti Accordi di Dayton – giunto a seguito di una sanguinosa guerra fratricida durata tre lunghissimi anni. Il risultato, per molti analisti assolutamente inefficace e fragile, è stata la creazione di uno Stato ripartito in due entità autonome (diventate poi tre come vedremo): la cosiddetta Federacija ovvero la Federazione di Bosnia ed Erzegovina comprendente i territori a maggioranza bosgnacca (slavi musulmani) e croata (cattolici) e la Republika Srpska (trad. Repubblica Serba) a maggioranza serbo-ortodossa. Questa ripartizione su base etnica, che ha causato anche un travaso di popolazione tra le due entità, non rispecchia quanto storicamente la Bosnia ha rappresentato nella sua storia secolare fatta di convivenza tra popoli e rispetto delle differenze religiose e culturali, ma tant’è…la Realpolitik ha creato questo mostro (di cui all’immagine qui sotto) ed è questo il paese che andremo a esplorare.

Mettiamoci in marcia e partiamo!

Disgregazione Jugoslavia - Anno di indipendenza dei nuovi stati
Cartina Entità Bosnia Erzegovina
Mappa Entità Bosnia Erzegovina - in blu Federacija, in rosso Rep Srpska, in giallo Brčko

Il viaggio in pillole

Partenza: Banja Luka (Bosnia Erzegovina)
Arrivo: Osijek (Croazia)
Durata: 15 giorni
Aeroporti: Banja Luka (BNX), Osijek (OSI) o in alternativa Zagabria (ZAG), Sarajevo (SJJ) o Tuzla (TZL)
Tipologia di viaggio: itinerante con mezzi pubblici + alcuni tratti a piedi
Pernottamento: ostelli e guesthouse
Adatto a: tutti
Lingue: serbo-croato-bosniaco (stessa lingua)
Guide consigliate: “Sarajevo e la Bosnia Erzegovina” di Marco Vertovec (Odòs editore)
Libri consigliati: “Capire i Balcani Occidentali – dagli accordi di Dayton ai giorni nostri” AA.VV, a cura di Martina Napolitano (BEE – Bottega Errante Edizioni); “Il ponte sulla Drina” di Ivo Andrić (Oscar Mondadori)

Banja Luka
Banja Luka -Cattedrale di Cristo Salvatore

GIORNO 1: Banja Luka

Come detto, il mio volo atterrava a Zagabria. Dalla stazione degli autobus della capitale croata un bus (io ho usato la compagnia Pepeks Zagreb ma ci sono tre compagnie che effettuano questa tratta) porta in circa tre ore a Banja Luka, capoluogo dell’entità autonoma della Republika Sprska (RS d’ora in poi). Il viaggio potrebbe essere più lungo in caso di code, frequenti, alla frontiera di Gradiška.

Banja Luka non è certamente la destinazione turistica che non può mancare sugli itinerari di viaggio o sulle prime pagine delle guide. È una città che si è ingrandita in tempi recenti e con poche attrattive, che vedremo più avanti; tuttavia, è un punto di passaggio imprescindibile per capire questo paese “diviso a metà”. Essendo il capoluogo dell’entità serba, qui sono ubicati i centri di potere della cosiddetta repubblica e qui inizierete ad annusare il forte sentimento nazionalista e separatista che caratterizza questa parte della nazione bosniaca. A Banja Luka non vedrete alcuna bandiera nazionale ma lungo il viale principale Kralja Petra sarà tutto uno sventolare delle bandiere della RS e della “madre-patria” Serbia, uguali nei colori ma senza il simbolo dell’aquila araldica a due teste nella prima.

Iniziate la visita dalla grande piazza Trg Srpskih Vladara dove svetta la ricostruita ed elegante Cattedrale di Cristo Salvatore, su cui si affacciano il palazzo della Presidenza della RS (dove ormai da anni risiede il suo famoso presidente secessionista Milorad Dodik) e il Banski Dvor, attualmente un centro culturale, costruito negli anni Trenta del Novecento come sede del Banato di Vrbas, entità di amministrazione locale.

Da questa piazza inizia il breve corso pedonale Veselina Masleše su cui si affacciano palazzine di inizio Novecento. Percorrendolo tutto, passerete dapprima di fianco all’abominevole centro commerciale Boska che si affaccia sulla piazza più animata della città (Trg Krajine) e infine giungerete a una vera oasi di pace ovvero la fortezza adagiata sulle sponde del fiume Vrbas. Potrete entrare a fare un giro ma come vedrete non è rimasto nulla di questo castello medievale, fuorché le possenti mura esterne. Vi consiglio, però, di prendere il sentiero alla sinistra dell’ingresso principale che vi porterà sulle rive del Vrbas dalle acque limpide dove una passeggiata nel verde vi permetterà di osservare il castello dal punto di vista del fiume.

A pochi passi dalla Fortezza, visitate la bellissima Moschea Ferhadija, del XVI secolo, distrutta durante la guerra e ricostruita nel 2017 con fondi turchi (come moltissimi siti religiosi islamici della Bosnia e di altri paesi balcanici). Un simbolo di resistenza in una città certamente difficile, dove la politica è riuscita a polarizzare l’opinione pubblica a suon di slogan e di promesse.

A Banja Luka ci sono diverse soluzioni per alloggiare, dalle mie ricerche nessuna particolarmente entusiasmante. Tuttavia, ci sono un paio di ostelli dai nomi esotici (Hostel Cuba e Hostel Havana, non scherzo!!). In quest’ultimo ho alloggiato io, in una camera privata singola e striminzita, a circa 15€ (30KM). Onestamente, di musica caraibica e atmosfere da sogno, nemmeno l’ombra!

Zelenkovac
Zelenkovac Ecovillage

GIORNO 2: Mrkonjić Grad – Zelenkovac

La seconda tappa di questo viaggio continua per i territori della RS, deviando dalla direttrice Banja Luka-Sarajevo che la maggior parte dei viaggiatori predilige, per poter raggiungere un luogo veramente speciale! Prima di partire un’amica mi aveva infatti parlato di una sorta di ecovillaggio gestito da un pazzo artista visionario, tal Boro, che già prima della Guerra aveva iniziato a recuperare un vecchio mulino di famiglia per creare questa comunità ecologica che risponde al nome di Zelenkovac. Non potevo farmi sfuggire l’occasione di visitare un luogo dalla storia così intrigante.

Vi avviso: arrivare a Zelenkovac è fattibile ma dovrete avere fortuna nelle coincidenze oppure chiedere un passaggio. Ora vi spiego come ci sono arrivato io: da Banja Luka, ci sono collegamenti abbastanza frequenti con Mrkonjić Grad, piacevole cittadina della RS adagiata sulle colline formate dai fiumi Vrbas e Crna. Partite entro le 9.00 in modo da essere a Mrkonjić Grad a metà mattina – il bus impiegherà circa un’ora e mezzo nel panorama agreste delle boscose montagne bosniache. Qui, se avrete tempo, potrete fare un giro in città, il centro dista dieci minuti a piedi dalla stazione dei bus, in attesa della coincidenza per Baraći, un villaggio a una trentina di chilometri da lì. Una volta saliti sul minibus, dite all’autista semplicemente la parola magica “Zelenkovac”: tutti conoscono questo luogo e il pazzo Boro per cui vi scaricheranno lungo la strada, all’imbocco del sentiero che in quindici minuti di cammino vi porterà in questo luogo magico in riva a un ruscello, popolato di capanne di legno dalle forme bizzarre e persone ancora più “strane”.

Di Zelenkovac non voglio svelarvi molto, se riuscite recuperate il documentario “Zelenkovac – Un’altra Bosnia Erzegovina” edito da Infinito Edizioni, dove i registi genovesi Canepa, Fiorato e Giuseppone ricostruiscono la storia unica e la visione del Mondo del suo fondatore Borislav “Boro” Janković. È veramente una boccata d’ossigeno e un conforto ascoltare le sue parole e condividere una rakija con lui.

D’estate, a inizio luglio, si tiene un festival jazz che richiama musicisti e viaggiatori da tutta Europa. Zelenkovac è uno di quei posti dove sai quando arrivi ma non sai quando ripartirai. Io sono arrivato lì a fine Dicembre, i campi attorno all’ecovillaggio coperti di neve, e sono stato ospitato in una delle casette da Coyote, un amico di Boro di Novi Sad che appena mi ha visto mi ha invitato a servito innumerevoli bicchierini di rakija oltre a un letto caldo in cui passare la fredda notte bosniaca.

Comunque potrete anche riservare un posto letto a pagamento, scrivendo a Boro sulla pagina Facebook di Zelenkovac o, addirittura, prenotando su Booking. Io ho comunque lasciato una donazione visto che non ho dovuto pagare il pernottamento.

Jajce - veduta della cascata con la cittadella
Jajce - veduta della cascata con la cittadella

GIORNO 3: Jajce

Non so se ne uscirete dopo solo un giorno o se vi vorrete godere la pace delle montagne approfittando degli innumerevoli trekking che partono da Zelenkovac, in ogni caso ripartiamo da qui e raggiungiamo la nostra prossima meta: Jajce.

Per prima cosa, fate il percorso inverso da Zelenkovac per tornare a Mrkonjić Grad: dovrete informarvi sugli orari dei bus che partono da Baraći, non sarà così semplice. Io ho “scroccato” un passaggio a Coyote che doveva andare a fare spesa in città, chiedete a Zelenkovac se qualcuno va in quella direzione o, in alternativa, fate autostop sulla strada principale. Da Mrkonjić Grad a Jajce sono poco più di venti chilometri, per cui penserete che sarà facilissimo trovare un mezzo: vi sbagliate! Tra le due città corre infatti il filo invisibile della “frontiera” inesistente tra RS e Federacija per cui dalla stazione dei bus di Mrkonjić non partono bus per Jajce: è come se questa famosa località bosniaca non esistesse. È stato abbastanza impressionante rendersene conto. In realtà mi hanno detto che portandosi sulla strada principale è possibile intercettare i bus della linea Bihać-Sarajevo ma, nel dubbio, mi sono incamminato a piedi fino alla località di Previle e da lì ho fatto autostop. Un signore bosniaco mi ha comodamente accompagnato fino alle porte della cittadella storica di Jajce, passando da Jezero e il suo lago.

Jajce è la classica “gita in giornata” che quasi tutti effettuano da Sarajevo da cui dista circa 150km ed è giustamente famosa nel paese in quanto cittadina storica molto piacevole. Posta alla confluenza tra i fiumi Pliva e Vrbas, come detto fa parte della Federacija ed è a maggioranza musulmano-bosgnacca. Ha una storia importante in quanto è stata la capitale del Regno Medievale di Bosnia prima della conquista ottomana nel 1463, passato del quale i bosniaci vanno particolarmente fieri e nel quale si è cercato di ritrovare le radici nazionali. Inoltre, per quanto riguarda la storia recente, fu la seconda città in cui si riunì l’AVNOJ ovvero il Consiglio Antifascista di Liberazione Popolare della Jugoslavia. A Jajce, Tito fu nominato Maresciallo e Primo Ministro e c’è un piccolo interessante museo dedicato all’AVNOJ, ricco di memorabilia. La città fu purtroppo poi pesantemente bombardata e occupata dall’esercito serbo-bosniaco nel 1992 e liberata nel 1995 da quello croato. Da allora il patrimonio storico, fatto di bellissime moschee, l’antica fortezza e le sue vie acciottolate, è stato in gran parte recuperato e sarà piacevolissimo passare una giornata qui. Non perdete la vista sull’incredibile cascata formata dai due fiumi che fa da cornice alla cittadella, il luogo più iconico di Jajce: personalmente la vista più bella non è quella che si vede dal punto panoramico vicino alla stazione di benzina a fianco della stazione degli autobus, ma dovrete valicare il ponte sul fiume Vrbas e passeggiare per poco più di un chilometro fino al punto indicato su Google Maps come “Jajce Skyline”. Ne varrà la pena!

A Jajce ho dormito in una graziosissima guesthouse un poco fuori dal centro storico ma in posizione panoramica alle spalle della cittadella. Si chiama Apartman Horizon, ampia stanza matrimoniale con balcone panoramico a soli 15€ (30KM).

Travnik - Veduta della fortezza
Travnik - Veduta della fortezza

GIORNO 4: Travnik

Se Jajce mi è piaciuta molto, devo dire che Travnik mi è entrata nel cuore! Entrambe le località sono raggiunte da turisti che gravitano attorno a Sarajevo ma, chissà perché, Jajce gode di una fama maggiore mentre personalmente se avessi un solo giorno a disposizione, tra le due sceglierei certamente la città natale di Ivo Andrić. Eh già, perché questa cittadina adagiata tra le colline come una piccola Sarajevo nel fondovalle dal fiume Lašva, ha dato i natali al più importante scrittore bosniaco del Novecento, premio Nobel per la Letteratura nel 1961 e proprio a Travnik ci sono due dei luoghi più importanti legati alla vita e alle opere del grande Ivo.

Arrivare a Travnik da Jajce è molto semplice, basta prendere qualsiasi autobus diretto a Sarajevo e dopo circa 70km (1,5 ore circa) saltar giù alla stazione degli autobus. Per comodità, di solito io passo sempre il giorno prima a chiedere gli orari: la bigliettaia quando capirà che siete stranieri, strapperà un foglietto su cui vi annoterà gli orari delle partenze per la destinazione che vi interessa.

Ma addentriamoci nella storia affascinante di questa piccola cittadina: se Jajce fu capitale del regno medievale di Bosnia, Travnik arrivò al suo massimo splendore nel periodo immediatamente successivo. Fu infatti scelta dal Visir (governatore ottomano) come residenza e fu quindi capoluogo di distretto del vasto impero. Per questo motivo è ricchissima di moschee, davvero una più bella e preziosa dell’altra e, dal mio punto di vista, serve almeno una giornata intera per godersi tutto questo splendore. La moschea più bella (di Travnik, ma personalmente tra quelle che ho avuto la fortuna di vedere, di tutti i Balcani) è indubbiamente la Šarena džamija o Moschea Colorata, recentemente restaurata con i soliti fondi turchi. Le sue facciate riccamente decorate con motivi floreali e le sue finestre intarsiate sono una gioia per gli occhi e altrettanto stupore vi susciterà la visita degli interni, con dettagli in legno colorato intagliato davvero unici.

Dalla moschea colorata una ripida stradina si inerpica sulla collina, portandovi alla fortezza. Prima di arrivarci, quando siete più o meno a metà del percorso, guardate sulla sinistra, noterete una moschea (Jani Hasan Aga džamija) circondata da un giardino pieno di steli funerarie. Da qui la vista sulla città con i suoi snelli minareti, sarà davvero speciale! Visitate poi la fortezza con i suoi possenti bastioni. Dalla sua cima coglierete il panorama d’insieme della bellissima Travnik.

Ma non potete andare via senza aver visitato i due luoghi simbolo della cultura legati, come anticipato, alla figura dello scrittore Ivo Andrić. Il primo è la sua casa natale, posta in una stradina parallela al corso principale. Si tratta di una tipica casa di stampo ottomano su due piani con il piano superiore aggettante e le finestre incorniciate dalle tipiche travature in legno scuro. Purtroppo, sono capitato a Travnik il 31/12 e non sapevo che l’orario di apertura fosse ridotto. Non ho potuto visitare gli interni che conservano, tra gli altri, il manoscritto de “Le cronache di Travnik”, una delle opere più importanti ambientata proprio nella sua città natale. Altro luogo iconico, nominato nel libro appena menzionato, è il Caffè Lutvo (Lutvina Kahva) che troverete ai piedi del castello nella località nota come Plava Voda (Acqua Blu) dove scorre un ruscello dall’acqua limpida. Fermatevi al caffè e ordinate un bosanska kafa, il caffè tradizionale turco-bosniaco…non vi svelo niente ma avrete una sorpresa che a me ha stupito e fatto ridere molto!

Prima di lasciare Travnik, non dimenticate di assaggiare i ćevapčići alla Ćevabdžinica Hari. Per me ancora più buoni dei già inarrivabili (almeno fino a prima di assaggiare questi) ćevapčići di Željo a Sarajevo!

Non ho soggiornato a Travnik ma nel pomeriggio ho ripreso il bus, diretto a Sarajevo in tempo per festeggiare il Capodanno nella capitale bosniaca.

Sarajevo- Salita di Alifakovac
Sarajevo- Salita di Alifakovac

GIORNO 5-6: Sarajevo

Parlare di Sarajevo non è semplice, perché decidere quanto tempo fermarsi in una città così densa, profonda e autentica è un mero esercizio di stile. A Sarajevo ci si può fermare pochi giorni, una settimana o mesi interi…dipende cosa si sta cercando. Personalmente dopo aver visitato la città due volte, sento di doverci e volerci ancora tornare, perché ha ancora tanto da darmi e tante cose ancora non le ho capite fino in fondo. Ma quando dopo questo viaggio sono ripartito, questa sensazione di “sospensione” mi ha consolato perché so che tornerò, ne avrò bisogno prima o poi…

In ogni caso se è la prima vostra volta in città, vi consiglio di dedicarle almeno tre giorni pieni. Io questa volta ho passato tre notti e due giorni nella capitale bosniaca e ho approfondito alcune zone della città che conoscevo meno in quanto durante la prima visita del 2014 mi ero concentrato sui tesori ottomani della Baščaršija e il lungo fiume. Se vi affiderete alla guida di Odos che ho consigliato nelle “Pillole” troverete una serie di itinerari a piedi suggeriti dall’autore veramente suggestivi che vi guideranno alla scoperta dei tanti lati di questa città che è giustamente conosciuta come la Gerusalemme d’Europa, un crogiolo di culture che nei secoli hanno plasmato e dato vita ad un unicum: davvero non esiste un luogo come Sarajevo!

Essendo questa una breve guida, che vuole essere di agile consultazione per un itinerario in Bosnia, non mi dilungherò in questa sede ma ho scritto un articolo in cui descrivo i due itinerari a piedi che ho seguito nei miei giorni in città. Lo trovate qui: Sarajevo, itinerari urbani

Ho soggiornato all’ostello Balkan Han, del simpatico proprietario Unkas. Si trova nel quartiere di Mejtas a poca distanza dal grande viale asburgico di Marsala Tita e dalla Fiamma Eterna (Vječna Vatra), famoso memoriale che ricorda le vittime della Seconda Guerra Mondiale. Da qui inizia il viale pedonale Ferhadija, che porta fino alla Baščaršija. Se vi piace stare in ostello ve lo consiglio, c’è un bel giardino e un’atmosfera molto conviviale grazie all’eclettico proprietario di casa, appassionato di India e di meditazione.

Visegrad - Ponte sulla Drina
Visegrad - Ponte sulla Drina

GIORNO 7: Višegrad

Lasciare Sarajevo non è semplice ma il viaggio continua e dopo alcuni giorni nelle zone della Federacija, è ora di rivalicare la famosa “linea invisibile” e tornare in Republika Srpska. La prossima meta è una piccola cittadina di provincia, collocata nell’estremità sud-orientale della Bosnia, divenuta famosa soprattutto grazie al suo ponte in pietra ottomano: parliamo di Višegrad.

Questa città si trova a poco più di 100 chilometri da Sarajevo, i bus che collegano la capitale bosniaca a Belgrado passano di lì; tuttavia ce ne sono pochi (due al giorno), per cui avrete poca scelta di orari. Vi consiglio di prendere quello del mattino: a me avevano detto che non passavano dalla autostazione centrale di Sarajevo ma che partivano solo dalla stazione est (Istočno Sarajevo nel quartiere di Dobrinja) alle 06.45 che bisogna giocoforza raggiungere in taxi a quell’ora del mattino. Tuttavia, dopo una corsa infernale per non perderlo, il bus è poi passato anche dalla stazione centrale verso le 07:00, distante una ventina di minuti a piedi dall’ostello…

L’autobus si arrampica sulle montagne a est della capitale bosniaca fino alla località sciistica di Pale, già in RS, lentamente raggiunge e sosta a Rogatica e dopo circa tre ore vi lascerà a Višegrad, dove non esiste una stazione dei bus ma diverse fermate poste al di qua e al di là del fiume e del centro storico.

La città non ha moltissime attrattive e mezza giornata vi basterà per visitarla. Il motivo per cui tutti passano da qui è chiaramente il ponte ottomano di Mehmed Paša Sokolović, raccontato magistralmente da Ivo Andrić nel suo libro più famoso: “Il ponte sulla Drina”. Questo capolavoro della letteratura del Novecento racconta la storia di questa cittadina, e in senso lato la storia di tutta la Bosnia e dei popoli che l’hanno conquistata, attraverso le vicissitudini del ponte. Un libro da non perdere per gli amanti della lettura!

Il ponte, inserito tra i patrimoni dell’UNESCO, è un esempio di architettura civile ottomana della più pregiata fattura e passare un po’ di tempo seduto sulle panchine in pietra secolari che si trovano al centro dell’arcata centrale, semplicemente osservando la gente passare, ti catapulta davvero indietro nel tempo.

Inoltre, la vista sulla maestosa Drina, così selvaggia e dal colore verde smeraldo, è qualcosa di impagabile e potrete anche approfittare del servizio di barche che si trova ai piedi del ponte per risalire un tratto del fiume fin quasi alla diga e osservare le boscose montagne di questa parte di Bosnia da un punto di vista inedito. A me è piaciuto molto salire sulla collina che domina la città nei luoghi della vecchia fortezza dove troneggia la croce ortodossa. Da lì la vista spazia sul lungo corso della Drina, il ponte ottomano e le sue undici arcate, la città incuneata in un istmo di terra stretta tra il grande fiume e il suo affluente Rzav. Proprio nella propaggine di questo istmo da qualche anno è iniziata (e ancora non terminata) la costruzione di una cittadella chiamata Andrićgrad: un orrore di eclettismo architettonico, finanziato in parte dal regista Emir Kusturica, dove edifici di stili diversi si affiancano senza alcun senso in un minestrone kitsch che sembra una Disneyland in salsa balcanica. È stata creata per puri fini turistici ed in effetti vedrete passeggiare tante famiglie che si scattano foto nella piazza dove troneggia la statua del famoso scrittore bosniaco a cui la cittadella è dedicata. Fateci un giro ma vi ho avvisato su quanto dobbiate aspettarvi!!

Ho soggiornato nella guesthouse “Apartmani Atos”, gestita dal simpatico signor Petar. Ci sono due appartamenti indipendenti a disposizione, quello al piano terra è un grande monolocale in una sorta di dependance accessibile senza passare da casa di Petar, al costo di soli 10€ a notte (20KM). Con un sovrapprezzo di 5€ (10KM), Petar vi accenderà e preparerà la sauna privata che si trova nel sottoscala della sua casa. Approfittatene perché è una figata (soprattutto in un freddo pomeriggio di Gennaio!)

Mokra Gora - chiesa in legno del parco di Tara
Mokra Gora - chiesa in legno del parco di Tara

GIORNO 8: Mokra Gora (SRB)

Come anticipato, l’itinerario prevede due sconfinamenti. Il primo è quello in Serbia, per la precisione nella zona del Parco Nazionale di Tara. Ho deciso di effettuare questo passaggio di frontiera in quanto volevo raggiungere la città di Srebrenica, di cui parleremo più avanti. Da Višegrad utilizzando i mezzi pubblici è davvero difficile e lungo arrivarci rimanendo in Bosnia, per cui guardando la cartina, ho notato questo piccolo “angolo di Serbia” che si incunea in terra bosniaca, attraversato il quale si può raggiungere Srebrenica. Sapevo sarebbe stato necessario del tempo, impegno e fortuna ma devo dire che ne è valsa la pena sia per la destinazione finale sia per le due tappe serbe, che mi hanno piacevolmente stupito.

Il Parco di Tara è infatti un angolo di paradiso, delimitato a nord e a ovest proprio dal corso della Drina. È una destinazione popolare per gli amanti del trekking e facendo base nel suo centro più importante, Mokra Gora, nella bella stagione potrete fare escursioni interessantissime e rilassanti.

Raggiungere Mokra Gora da Višegrad è molto semplice. Riprendete il bus per Belgrado che il giorno prima vi ha lasciato a Višegrad (passa circa alle 10.00 nei vari punti della città) e in un’oretta, oltrepassando la frontiera di Vardiste/Kotroman, arriverete a Mokra Gora (che in serbo significa “montagna bagnata” e capirete il motivo). È una località di villeggiatura famosa in Serbia per cui vedrete subito la differenza a livello di strutture ricettive rispetto alla vicina Bosnia. Ci sono tanti chalet e persino degli hotel. Io ho scelto di alloggiare nell’hotel Konačište Osmica (23€ pernottamento e colazione inclusa – 2.700 RSD, cena extra al costo di 5€/600 RSD nel ristorante dell’albergo), proprio da dove parte il famoso trenino turistico Šarganska Osmica, una delle due attrazioni per cui molte persone vengono a Mokra Gora. Si tratta di una ferrovia a scartamento ridotto, costruita nel periodo asburgico per unire Užice a Sarajevo. Rimasta in funzione solo dal 1925 al 1974 e poi caduta in disuso, è stata ora riaperta a fini turistici e attraversa alcuni scenari fiabeschi nelle montagne di Tara superando dislivelli importanti grazie alle trovate ingegneristiche dei progettisti austriaci come la rampa elicoidale a forma di “otto” che dà il nome alla ferrovia (in serbo osam).

L’altra grande attrattiva di Mokra Gora è la cittadina di Drvengrad – Mećavnik, ricostruzione di un paese tradizionale rurale della Serbia, che fu ideata dal regista Emir Kusturica come set del suo film “La vita è un miracolo” del 2004. Nonostante sia una ricostruzione, devo dire che Drvengrad mi è piaciuta molto, al contrario di Andricgrad. Ha dei lati sicuramente kitsch come il suo inventore, tuttavia la ricostruzione è fedele e potrete apprezzare la tipica architettura di quest’area dei Balcani. Ogni anno a Drvengrad si svolge il famoso Küstendorf Film&Music Festival, che già da solo varrebbe il viaggio. Si può anche dormire negli chalet del villaggio a prezzi leggermente sopra la media. Dopo aver visitato questo luogo, provate a prendere il treno storico e se non ce la fate (va prenotato con anticipo, soprattutto nella stagione primavera/estate), potete ripercorrerne un pezzo a piedi come ho fatto io, andando fino alla località Bele Voda e poi intercettando i binari e tornando in città seguendoli. Una passeggiata stupenda in mezzo a colline e prati, punteggiati dalle chiese in legno del Parco di Tara.

Monastero di Rača - Bajina Bašta
Monastero di Rača - Bajina Bašta

GIORNO 9: Trekking Parco di Tara – Bajina Bašta (SRB)

Il secondo giorno in Serbia era quello più incerto a livello di spostamenti, non sapevo bene come sarebbe andata e, come sempre accade, i giorni così sono quelli che regalano più soddisfazione. Non ci sono mezzi diretti che collegano Mokra Gora alla città di Bajina Bašta, posta sul confine, al di qua della Drina. Bisogna arrivare qui per poter poi rientrare in Bosnia e raggiungere finalmente Srebrenica. Il modo che ho scelto per arrivare a Bajina Bašta è stato quello che preferisco: a piedi! Da Mokra Gora ho preso un bus fino a Kremna (a 12km da Mokra Gora, prendete uno dei bus locali che vanno a Užice. Per gli orari chiedete nell’hotel. A Gennaio il primo bus partiva alle 7.00 da Mokra Gora, sulla strada – anche qui non ci sono stazioni dei bus). Da Kremna, potete iniziare a camminare attraverso il parco Nazionale di Tara. Potete utilizzare l’app Komoot (famosa tra i ciclisti ma utile anche per trekking) per impostare il percorso a piedi: sono circa 22km per arrivare a Bajina Bašta con un dislivello in salita di 400m e in discesa di 900m per cui si tratta di un trekking tutto sommato semplice anche se c’è un passaggio abbastanza difficoltoso che vedremo tra poco.

La prima parte del trekking risale lungo la strada carrabile verso la località di Tara (famoso centro di villeggiatura pieno di chalet – su Google Maps non è indicato ma se cercate “Hotel Tara”, ecco…è lì!). A metà della salita potrete tagliare attraverso il bosco, ma i sentieri in alcuni punti non sono ben segnalati, dovrete essere abili con il GPS. Potete eventualmente fare autostop da Kremna a Tara, soprattutto nella bella stagione non credo sia difficile trovare un passaggio.

Da Tara, dove potrete ristorarvi con un caffè e uno snack, il percorso a piedi si snoda attraverso i dolci paesaggi del parco nazionale: andate a piedi fino al villaggio di Mala Reka, un bel percorso vi porterà fino al punto di osservazione sulla valle della Drina. Da qui il sentiero #3 vi porta al famoso Monastero di Rača ma qui subentrano i problemi: la discesa dal punto di osservazione al primo villaggio (loc. Laništa) prevede il passaggio di alcuni punti esposti in cui sono presenti dei cavi di acciaio per potersi aggrappare. Non è proprio adatto a tutti. In autunno/inverno le cose si complicano perché il sentiero è scivolosissimo a causa delle foglie secche che lo ricoprono e rendono anche difficoltoso orientarsi, nonostante la presenza della segnaletica del parco. In definitiva, fatelo se avete un po’ di esperienza in montagna, altrimenti da Tara camminate lungo la strada asfaltata che scende a Bajina Bašta. La deviazione e la difficoltà valgono la fatica per poter visitare lo stupendo Monastero di Rača, un luogo sacro e importantissimo per la chiesa serba-ortodossa in quanto gli amanuensi della scuola di Rača posero le basi per la nascita dell’alfabeto serbo e durante il secondo conflitto mondiale, qui venne nascosto il Miroslav Gospel, primo testo sacro scritto nel Medioevo in alfabeto serbo.

Dal monastero una facile strada asfaltata porta in circa 6km a Bajina Bašta, cittadina abbastanza grande sulle sponde della Drina senza particolari punti di interesse, ma piacevole e animata. Non perdete la famosa casetta in legno sulla Drina, Kućica na Drini, a 1,5km a nord del centro città, costruita su una roccia affiorante dal fiume proprio a metà tra Serbia e Bosnia. Ha una storia molto divertente, in quanto fu costruita per la prima volta da alcuni ragazzi del posto che sfidarono le fredde acque della Drina e poi ricostruita ogni volta dopo le piene invernali più importanti del fiume che se la portavano via e divenuta negli anni il simbolo di Bajina Bašta che tutti vanno a vedere.

Ho pernottato in una guesthouse perché i due ostelli della città, che sembrano veramente belli, erano chiusi durante la stagione invernale. Cercateli perché credo siano la sistemazione migliore, si chiamano Mystic River Hostel e Hostel Magija, entrambi a nord del centro poco distanti dalla casetta sulla Drina.

Srebrenica - Memoriale del Genocidio a Potočari
Srebrenica - Memoriale del Genocidio a Potočari

GIORNO 10-11: Srebrenica

Vi avviso subito: non esistono mezzi pubblici che portano da Bajina Bašta a Srebrenica nonostante distino meno di una cinquantina di chilometri. Dalla cittadina sulle sponde della Drina, una breve passeggiata vi porterà alla frontiera con la Bosnia Erzegovina, da qui rientrerete in Republika Srpska attraverso un ponte in ferro che supera il fiume. Dall’altra parte del ponte, sorge il piccolo paesino di Skelani. Pur essendo in Bosnia, Skelani è più che altro un sobborgo di Bajina Bašta: tutti i suoi abitanti lavorano lì, infatti, e i serbi che attraversano la frontiera, lo fanno solo per andare a far rifornimento di benzina, che costa decisamente meno dalla parte bosniaca. La mia idea era quella di fare autostop da Skelani a Srebrenica attraverso le montagne. Non avevo considerato che il 6 Gennaio, giorno in cui mi trovavo lì, fosse la Vigilia di Natale (che gli ortodossi festeggiano il 7) per cui nessuno si sarebbe mai spostato da Skelani per andare a Srebrenica.

Dopo un po’ di tentativi fallimentari, mi sono diretto nel bar del paese e dopo aver fatto amicizia con gli uomini del posto e aver bevuto innumerevoli bicchierini di rakija, sono riuscito a contrattare un passaggio a Srebrenica per la modica cifra di 15€ (30KM): altra soluzione non c’era se non quella di passare l’intera giornata ad aspettare un passaggio che probabilmente non sarebbe mai arrivato. Con la bella stagione forse è possibile trovare un passaggio gratuito ma se vedete che non passa nessuno, qualcuno che vi porti dietro piccolo compenso lo troverete.

La strada tra queste due località attraversa i meravigliosi paesaggi delle montagne sud-orientali della Bosnia, a Gennaio completamente ricoperti di neve e dall’atmosfera magica. In circa un’oretta d’auto arriverete a destinazione: ero così contento di avercela fatta che alla fine ho dato al mio autista 20€ invece di 15, visto che era la Vigilia di Natale e si era prestato a portarmi.

A Srebrenica ho scelto di fermarmi due giorni: non perché ci sia molto da vedere, tutti vengono qui solo per visitare il Memoriale del Genocidio che tra l’altro si trova a Potočari, a 5 km da Srebrenica. Ma dopo tutti quegli anni in cui volevo venire in questo luogo e dopo tutte quelle letture, non volevo andarmene frettolosamente.

Srebrenica è un luogo strano, l’atmosfera – soprattutto in un grigio gennaio dove scende una sottile pioggia fredda – è realmente sospesa e vagamente opprimente. Sembra una città fantasma, ma in realtà qualcuno ci vive. Peccato che dopo il disastroso evento del Genocidio, ci sia stata una sorta di sostituzione etnica. Questa città e i villaggi circostanti erano infatti un territorio a maggioranza musulmana/bosgnacca, all’interno di un’area a prevalenza serba, una sorta di enclave. Questo non aveva mai causato problemi fino a prima della Guerra e gli abitanti avevano sempre coesistito in pace. La città ora è popolata quasi solo da serbi: la sensazione che ho provato è che ci sia ancora qualcosa di irrisolto perché non è ancora iniziato un processo vero di riconciliazione. Come se l’assenza dei “veri” abitanti di Srebrenica si faccia sentire ancor più che se fossero realmente presenti.

Ho passato il pomeriggio girovagando per le strade della cittadina ed esplorando le colline circostanti, famose per esser state luogo di estrazione dell’argento fin dai tempi antichi (srebro significa proprio “argento” in serbo-bosniaco). Si può raggiungere i resti del castello in cima alla collina e passeggiare lungo il sentiero che lambisce le ferrose acque del torrente Guber, celebri prima della Guerra per le proprietà termali. C’erano anche due grandi hotel per i frequentatori delle terme che ora giacciono trivellati di colpi e in rovina alla periferia della città.

Insomma, del passato di Srebrenica sono rimasti solo i ricordi e quelli più recenti sono quanto di più doloroso la mente umana possa immaginare.

C’è qualcuno che però sta lavorando per riportare un turismo sano e nuova vita a Srebrenica: si chiama Irvin. Ancora bambino, scappò da Srebrenica negli anni Novanta e si rifugiò in Italia dove visse per tanti anni. Da qualche tempo è tornato nella sua Srebrenica e ha fondato il progetto “Srebrenica, City of Hope” per far conoscere le bellezze della sua terra. Vi porterà in giro per le montagne e potrete pernottare negli chalet che ha costruito nel bosco. Purtroppo non l’ho potuto conoscere di persona perché era a Sarajevo quando io ero in città (ndr: parla italiano, avendoci vissuto a lungo!)

Alla sera sono andato ad assistere alle celebrazioni del Natale alla chiesa della città, con il falò tradizionale in cui i serbi bruciano i rami di quercia (chiamati badnjak) per ricordare il falò acceso dai pastori nella grotta della natività. Dopo aver passato la notte nel bell’ostello della città, unica struttura disponibile e per fortuna anche molto confortevole (Hostel Srebrenica, 11€ a notte – 22KM), il mattino dopo era finalmente arrivato il momento di visitare il Memoriale del Genocidio.

Di quello che successe a Srebrenica nel Luglio del 1995, vi invito ad approfondire sui tanti siti e articoli dedicati a uno dei peggiori crimini contro l’Umanità che sia stato commesso nel corso del Novecento. 8.372 uomini bosgnacchi trovarono la morte per mano dell’esercito serbo-bosniaco che aveva occupato la città di Srebrenica e tutta l’area circostante. Al Memoriale del Genocidio, che sorge come detto a Potočari, raggiungibile con una passeggiata di un’oretta da Srebrenica, sono stati sepolti i corpi delle persone ritrovati nelle fosse comuni attorno alla città. Le steli bianche, tutte uguali, recanti il nome del defunto, l’anno di nascita e quello di morte (1995, uguale per tutti), riportano la scritta “E non dire di coloro che sono periti sulla via di Allah:” i morti non ci sono più”, sono vivi ma non li senti”. Il monumento commemorativo è composto da un grande semicerchio di pietra in cui sono scolpiti i nomi di tutte le vittime. Visitare il Memoriale del Genocidio è un atto dovuto per mantenere viva la memoria e non permettere che ciò che successe lì possa ripetersi di nuovo (mentre scrivo, fosse comuni vengono scoperte in Ucraina a seguito dell’invasione russa…).

Per me è stato molto duro, dolorosissimo, riuscire a visitare questo luogo. Di fronte, per chi se la sente, c’è l’ex fabbrica che fu sede del quartier generale delle Nazioni Unite dove l’esercito olandese avrebbe dovuto garantire protezione ai bosgnacchi di Srebrenica. All’interno è allestito un museo con il ricordo delle vittime, anche qui consiglio di entrare solo se preparati psicologicamente. Vi suggerisco un film che racconta del Genocidio, della regista bosniaca Jasmila Zbanić, “Quo vadis, Aida?” che ricostruisce in maniera fedele i drammatici accadimenti del 1995.

Da Srebrenica nel tardo pomeriggio (alle 17.00) ho preso un bus diretto per Tuzla. Ne partono almeno un paio al giorno, anche nei giorni festivi, e impiegano tre ore per raggiungere la terza città della Bosnia per numero di abitanti. Per gli orari, chiedete all’ostello. La stazione degli autobus è in rovina, ma i bus fermano proprio lì di fronte direttamente sulla strada, a due minuti dall’ostello.

Tuzla - Korzo e Kapija
Tuzla - Korzo e Kapija

GIORNO 12: Tuzla

Dopo aver visitato Srebrenica, Tuzla sarà una boccata d’ossigeno: si tratta infatti della cittadina più eterogenea della Bosnia Erzegovina. Pur essendo stata inclusa nei “confini” della Federacija, da sempre in questa città convivono le tre comunità maggioritarie (bosgnacca, serba e croata) oltre a un nutritissimo esercito di minoranze, tra cui quella italiana (trentina), tedesca, ungherese, rom e tante altre che costituiscono il 10% della popolazione. È una città realmente multiculturale e multiconfessionale, che non venne quasi toccata dalla Guerra se si esclude per il lancio di una granata da parte dei serbi in ritirata nel 1995, proprio sul finire del conflitto, che lasciò sul campo 71 morti, ricordati nella piazza della Kapija. Tuzla diede anche ospitalità a quasi 70.000 profughi provenienti dalla zona di Srebrenica. Da sempre città progressista, patria del famoso scrittore Meša Selimović, i cui libri sono stati tradotti in tantissime lingue, è stata negli anni governata da sindaci illuminati che hanno saputo valorizzare il suo passato e ne hanno fatto dei punti di forza.

Tuzla, infatti, è la città del sale (dal turco tuz, che significa proprio sale): qui già in epoca ottomana, si iniziò l’estrazione del prezioso elemento, che serviva a conservare il cibo. Questa attività molto remunerativa proseguì durante il periodo asburgico e, proprio per questo, tantissime comunità dagli angoli più remoti dell’Impero arrivarono in città per lavorare. In una kafana, ho trovato un libro che parla dell’emigrazione dei valligiani di Fiera di Primiero alla fine dell’Ottocento. Gli italiani di terza e quarta generazione vivono ancora in città e mantengono i loro cognomi, in parte slavizzati.

Una giornata piena a Tuzla vi restituirà tutta la ricchezza culturale di questa città che non va assolutamente saltata durante un tour della Bosnia. Per me è stato un conforto pensare che una via alternativa alla divisione etnica è possibile ed esiste già!

Iniziate l’esplorazione dalla famosa e centralissima Trg Slobode (piazza Libertà) su cui si affaccia un bellissimo edificio asburgico magistralmente restaurato. In fondo alla piazza noterete l’elegantissima fontana con alle spalle la moschea di Hadži Hasanova, conosciuta anche come Moschea della čaršija. Qui, infatti, inizia l’antico quartiere ottomano del bazar (la čaršija appunto) con i suoi stretti vicoli. Quello principale, il Korzo, presenta eleganti palazzine colorate in stile asburgico, alcune restaurate e altre ancora da completare. Consiglio personale: non perdetevi il mercato cittadino (Gradska pijaca) che si trova in una vietta che parte da Trg Slobode (Tabašnice): all’interno del mercato coperto troverete signore che vendono frutta e verdura del loro orto, prodotti caseari genuini e vi sentirete trasportati per un attimo in un mercato dell’Asia Centrale. Notevoli anche il Monastero Francescano dei Santi Pietro e Paolo, una chiesa cattolica in stile brutalista che mi è piaciuta tantissimo (a due passi dal mercato) e la Cattedrale serba proprio di fronte al Parco Cittadino. Da qui potrete facilmente accedere al celeberrimo Pannonica, sito di estrazione del sale trasformato in parco acquatico in cui le piscine sono ricavate dalle vecchie cave di estrazione. Un luogo di refrigerio estivo che richiama persone da tutta la Bosnia. Alle spalle di Pannonica, potrete inerpicarvi sulla collina dove sono ubicati i memoriali ai morti della Seconda Guerra Mondiale e della Guerra degli anni Novanta. Tuzla fu la prima città in Jugoslavia a liberarsi dal nazifascismo nel 1943, e anche questo ci piace!

A Tuzla ho dormito in un appartamento privato vicinissimo al centro (di fianco alla bella moschea di Jalska): se cercate su Booking ci sono tantissimi appartamenti in affitto a partire da 15/20€ al giorno (30-40KM), al momento della mia visita (Gennaio 2022) non erano presenti ostelli. Ultimo tip: “best burek in town” è quello di Kipovi in Tabašnice 2 di fianco al mercato. Non perdetevelo!

Brčko - Municipio
Brčko - Municipio

GIORNO 13: Brčko

Da Tuzla ci si sposta per l’ultima tappa in terra bosniaca in una destinazione che raramente troverete indicata nelle guide turistiche. Questa però non è una guida turistica, ma un itinerario “critico” all’interno di un paese dalla storia complessa, come avete potuto leggere. E Brčko, la tappa di oggi, non poteva mancare in quest’ottica. Il distretto di Brčko, infatti, è l’unica area del paese che non è stato assegnato né alla Federacija né alla RS. Fin dal 1995 risultò un territorio conteso per la sua posizione strategica: la città, infatti, è il più importante porto fluviale del paese, posto sulla riva destra della Sava, proprio di fronte al confine croato (e per estensione dell’Unione Europea). Dal lato bosniaco invece, è contiguo alla regione storica a maggioranza croata della Posavina, ma fa anche da “ponte” tra le due regioni serbe di Doboj e Bijeljina e a sud confina con la regione di Tuzla, nella Federacija. Insomma, un bel casino! Nel distretto la “composizione etnica” è quanto mai frammentata, ci vivono il 42% bosgnacchi, 35% serbi, 21% croati e 2% di altre nazionalità.

Proprio per questa sua eterogeneità e per la funzione strategica a livello economico, durante gli Accordi di Dayton, non si riuscì a trovare un compromesso e la situazione di quest’area del paese rimase in stand-by fino al marzo 2000 quando fu dichiarato distretto autonomo, un anno dopo un processo di arbitraggio per violazione degli accordi di pace.

Da Tuzla ci sono autobus diretti che raggiungono Brčko, alcuni fanno dei giri assurdi come quello che ho preso io che è passato da Gradačac, per poi raggiungere il posto di confine di Orašje e scaricarmi a Brčko dopo quasi tre ore per un tragitto che in macchina, diretto e senza deviazioni, impiegherebbe la metà del tempo. Magari chiedete in stazione dei bus a Tuzla quali autobus sono diretti, io non lo sapevo.

La sensazione appena si mette piede in questa città è quella di aver cambiato paese: piste ciclabili nuove fiammanti, marciapiedi con aiuole fiorite e curate, edifici freschi di restauro. C’è persino una tangenziale in stile “europeo” assolutamente vuota e inutilizzata, essendo questa una piccola cittadina di provincia. Non sembra di stare nella caotica e spesso ancora diroccata Bosnia e il motivo risiede nel fatto che essendo un distretto autonomo, riceve grandi finanziamenti che non devono transitare dalle mani e dalle tasche delle due grandi entità federali. Inoltre, il porto fluviale sulla Sava porta discrete quantità di denaro nelle casse cittadine.

Brčko non ha grandi attrattive ma è una città piacevole, il centro storico che si sviluppa lungo il suo viale centrale è caratterizzato dall’architettura asburgica con forti influenze ungheresi (in linea d’aria l’Ungheria dista un centinaio di chilometri). Alla fine del corso si apre la piazza (Trg Mladih) con il bel municipio in stile neo-moresco, progettato dallo stesso architetto della biblioteca nazionale di Sarajevo che in effetti ricorda molto. Piacevolissima poi la passeggiata lungo la Sava: passando sotto al ponte che permette di entrare in Croazia, potete raggiungere il porto fluviale e fare qualche foto “urban” ai mastodontici argani che movimentano le merci.

Anche a Brčko ho scelto un appartamento privato trovato su Booking (costo 20€ a notte – 40KM) vicino al centro storico.

Borovo Naselje - VukovArt - Murales Fedele/Bugatti
Borovo Naselje - VukovArt - Murales Fedele/Bugatti

GIORNO 14: Vukovar (HR)

Salutiamo la Bosnia, recandoci e piedi al confine lungo la placida e immensa Sava. Gli ultimi due giorni prevedono il passaggio in terra croata, in quel lembo di terra fertile e piatta che porta il nome di Slavonia.

Raggiungere Vukovar da Brčko non è forse così immediato, nonostante la breve distanza, ma vi permetterà di sperimentare l’ennesimo mezzo di trasporto di questo lungo e appassionante viaggio. Sì, perché da Gunja, villaggio sonnacchioso al di là della Sava in territorio croato, vi aspettano le locomotive di fabbricazione italiana della linea ferroviaria Gunja-Vinkovci. Raggiungete la stazione di Gunja con una passeggiata di mezzoretta abbondante dal posto di confine, si trova sul limitare orientale del paese. Per gli orari, consultate il sito delle ferrovie croate. Sono solo quattro corse giornaliere da Gunja a Vinkovci. Potrete acquistare il biglietto per Vukovar online o sul treno, ma dovrete cambiare nella città di Vinkovci e poi prendere un autobus sostitutivo delle ferrovie croate in quanto la linea Vinkovci-Vukovar non è ancora stata ripristinata. In totale servono due ore per arrivare a destinazione e passerete attraverso infiniti campi di cavolo. C’è un detto che dice che le montagne più alte della Slavonia sono i cavoli e prendendo il treno ve ne renderete davvero conto!

La storia di Vukovar è indissolubilmente e tristemente legata a quella della Guerra in Jugoslavia. La sua posizione di frontiera, adagiata sulla sponda croata del Danubio proprio di fronte alla Serbia, ne ha determinato la terribile sorte. Fino all’agosto 1991, non era nient’altro che una cittadina di provincia con un elegante centro storico di chiara impronta austroungarica abitata da una popolazione mista di croati (cattolici) e serbi (ortodossi). Questa zona della Croazia, posta in un crocevia di strade che portano dalla Serbia all’Ungheria e dalla Bosnia alla Romania, ospitava una varietà incredibile di popolazione con forte presenza di minoranze, come quelle ungherese, rutena e slovacca.

Quando la Croazia dichiarò unilateralmente la propria indipendenza dall’allora Jugoslavia, da Belgrado si mossero truppe e carri armati in direzione della regione indipendentista e, sulla strada, una delle prime città che trovarono appena passato il Danubio fu proprio Vukovar che fu posta in un assedio asfissiante durato 87 giorni che causò la distruzione di tutta la città, rasa completamente al suolo. Le foto di Vukovar alla fine dell’assedio che potete trovare online sono spaventose, una città ridotta a brandelli. La storia dell’assedio è ancora molto viva in città e ci sono molti luoghi che aiutano a ricostruire quello che successe e aiutano a capire meglio la Storia che non è stata clemente con questo luogo.

A partire dal 1998, anno in cui è tornata ufficialmente a far parte della Repubblica di Croazia, la città è stata ricostruita nonostante tutto il suo patrimonio storico sia andato quasi completamente perso. Rimane qualche palazzina asburgica che è stata fedelmente ricostruita, il resto del centro storico è formato da nuovi edifici. Tuttavia, è molto interessante visitare questa città se volete vedere con i vostri occhi le testimonianze di quello che è stato l’assedio. In primis l’elemento più rappresentativo dello skyline della città e simbolo della resistenza croata, ovvero la Torre dell’Acqua di Vukovar, rimasta stoicamente in piedi nonostante fosse stato bersaglio di decine di colpi di artiglieria dell’aviazione serba che la volevano abbattere nonostante non fosse un obiettivo militare. La torre è stata lasciata volutamente danneggiata come dopo l’assedio, andando solo a consolidare i danni strutturali ed è ora un interessantissimo museo che racconta quella pagina nera di storia. Ci sono molti filmati d’epoca negli schermi multimediali posti nella cisterna in cima alla torre, evidentemente montati secondo una narrativa che celebra la resistenza croata. Chi conosce a fondo la Storia della Guerra, probabilmente storcerà il naso nel vedere l’idolatria verso il primo presidente della Repubblica croata, considerato padre della Patria, Franjo Tudman. Ho trovato le installazioni, comunque, molto interessanti ed è possibile salire in cima alla torre dove sventola la bandiera croata: la vista sulla città e l’immenso Danubio è veramente spettacolare. Altro luogo da visitare in ricordo di uno dei crimini più feroci di cui si macchiò l’esercito serbo-jugoslavo è l’ospedale, dove i civili si rifugiarono sperando di trovare un luogo sicuro e vennero massacrati senza pietà quando i serbi riuscirono a entrare in città. Nei sotterranei dell’ospedale (ancora in funzione) è possibile visitare le sale che accoglievano la popolazione e ci sono testimonianze toccanti di quei giorni.

Il terzo luogo della memoria è il sito di Ovčara, località a circa 10km dal centro, dove la popolazione venne deportata e poi fucilata e dove venne ritrovata una grande fossa comune. Ci vuole un mezzo privato per arrivare a Ovčara, per questo non ho potuto visitarla.

Ma Vukovar non è solo guerra, dolore e devastazione. Dopo che avrete visitato doverosamente questi luoghi e vagato un po’ per il centro cittadino, potete fare una passeggiata lungo il Danubio e raggiungere il sobborgo di Borovo Naselje (circa 9km) dove da qualche anno la municipalità di Vukovar ha inaugurato un progetto di street art molto interessante dal nome VukovArt (alcune opere le vedrete anche nel centro della città). Artisti di fama internazionale vengono ospitati ogni estate per realizzare opere sulle facciate delle palazzine del sobborgo di Borovo (che si trovava proprio sulla linea del fronte durante l’assedio). Ce ne sono una ventina attualmente, alcune veramente pregevoli come quella di Fabio Fedele e Vera Bugatti, due street-artist italiani. Sul sito di Vukovart trovate la mappa e la spiegazione/descrizione di tutte le opere. Potete tornare in città prendendo un autobus locale.

Ho soggiornato all’Apartmani Marin, a quindici minuti a piedi dal centro in un bellissimo appartamento (circa 20€ a notte). Lì vicino, c’è anche un altro Memoriale della guerra dove sono esposti aerei e carri armati. Meno interessante degli altri luoghi sopra menzionati ma ci sono alcune baracche allestite con materiali informativi dell’epoca e pannelli esplicativi (in croato) pieni di cartine e statistiche, che ho trovato molto utili.

Osijek - Trg Ante Starčevića
Osijek - Trg Ante Starčevića

GIORNO 15: Osijek (HR)

Ultima tappa dell’itinerario è il capoluogo della Slavonia, Osijek. Ho scelto di terminare il viaggio qui per questioni logistiche. Da questa città, infatti, è molto facile raggiungere la capitale Zagabria e tra poco vi dirò come ho scelto di farlo io.

Osijek è un importante centro universitario e quarta città della Croazia per numero di abitanti. Adagiata proprio al centro della piana della Slavonia, lungo il corso della Drava, affluente del Danubio, è una cittadina di provincia molto piacevole dove ci si ritrova proiettati inequivocabilmente in Mitteleuropa. La zona più interessante è la cittadella fortificata (Tvrda), di epoca medievale che custodisce chiese e palazzi risalenti al Settecento in ottimo stato di conservazione e restauro. La cittadella è stata progettata da un architetto mandato da Vienna e tutto profuma di Austria e di Ungheria, che dista appena trenta chilometri da qui.

Vi basterà mezza giornata per visitare sia la cittadella fortificata che il centro vero e proprio della città, che fa perno attorno alla bella piazza Trg Ante Starčevića, dominata dalla Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo con una torre campanaria mastodontica.

Ho soggiornato al bellissimo Hostel OS, recentemente aperto in una dimora storica asburgica proprio di fronte alla cattedrale. Le stanze sono confortevoli e arredate con gusto e pezzi di design, non potete sbagliarvi per l’alloggio in città dovete andare qui.

Da Osijek ci sono almeno 5/6 autobus al giorno per Zagabria, impiegano poco più di 4 ore e attraversano longitudinalmente tutto il paese. Il costo è di circa 15€ (120kn). Se volete un mezzo alternativo più veloce, che è quello che ho usato io, sappiate che esiste una compagnia aerea croata che si chiama Trade Air che vola con dei vecchi aerei di fabbricazione cecoslovacca turboelica LET e collegano le principali città croate. Dall’aeroporto di Osijek partono tre voli settimanali per Zagabria che impiegano 50 minuti per un volo raso-nuvole da brividi. Io l’ho pagato solo 30€ e…devo dire la verità, l’ho scelto più per l’ebbrezza di un volo su un microaereo turboelica (eravamo 5 passeggeri + hostess e i due comandanti) che per la comodità, in quanto comunque dovrete raggiungere l’aeroporto di Osijek (nel sobborgo di Klisa, a 20km dalla città) e poi arriverete ovviamente all’aeroporto di Zagabria, per cui dovrete prendere il bus per arrivare in centro.

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Il viaggio è arrivato alla conclusione: una lunga cavalcata alla scoperta di luoghi dalla bellezza senza tempo ma anche attraverso alcune delle pagine più buie del Novecento. È un viaggio veramente denso, intenso, che consiglio di affrontare con un buon bagaglio di lettura e conoscenze alle spalle per poter apprezzare a pieno i luoghi che si visiteranno e per provare a comprendere questo pezzo d’Europa troppo spesso ignorato o derubricato spregevolmente come “est”. Un termine che non significa nulla e serve solo ad alimentare la narrazione distorta di questi territori che hanno una cultura e un patrimonio unici.

Spero che questo itinerario vi abbia fatto venir voglia di partire e per qualsiasi informazione, scrivetemi pure o lasciate un commento qui sotto!

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